Intervento di Lucha y Siesta al corteo dello sciopero transfemminista dell’8 marzo transfemminismo 11 Marzo 2024 L’Osservatorio di Non Una di Meno ha registrato 120 tra femminicidi, lesbicidi, transcidi, puttanocidi e suicidi di stato nel 2023. In questi primi due mesi del 2024 ce ne sono già stati altri 25. Quando non ci uccide, la violenza patriarcale ci ferisce, ci limita, ci offende, ci sminuisce, ci priva della libertà di scegliere cosa fare dei nostri corpi e dei nostri desideri, ci sfrutta, ci deride, ci colpevolizza, ci invisibilizza, ci impoverisce, ci vittimizza, ci sfianca e ci isola. Ma soprattutto, la violenza patriarcale ci sottovaluta. Perché non siamo vittime e non siamo sole né solu. Contiamo e nominiamo le nostre sorelle* uccise per essere grido feroce, di lotta e non di lutto. Costruiamo insieme spazi di cura per uscirne più forti, non più pacificat3. Scioperiamo per sottrarci a tutto questo, scioperiamo perché se ci fermiamo noi si ferma il mondo. Scioperiamo perché abbattere il patriarcato è un obiettivo che perseguiamo con cura, megalomania, attenzione ai dettagli, tenacia e gioia, e serve un sacco di tempo per farlo e non ci faremo distrarre da tutti gli odiosi compiti che ci hanno assegnato senza neanche chiederci il permesso. Quando attraversiamo la città insieme, come oggi ovunque e come sempre, lo facciamo con i nostri panueli, le nostre maschere, i nostri cartelli, i nostri cori, le nostre pratiche di cura. Sono i simboli della nostra capacità di generare spazi di sorellanza: Case e Assemblee in cui ritrovarci, prenderci cura l’unə dell’altrə, pensare insieme, intessere relazioni, praticare quell’antiviolenza di cui le istituzioni si riempiono la bocca nelle date di rito come questa. Ecco, in questo 8 marzo ci sembra il caso più che mai di ricordarglielo. Prevenire, decostruire e contrastare la violenza di genere non è una cosa che si dice, è una cosa che si fa. Si fa insieme, mettendoci corpo, tempo e intelligenza collettiva. E si fa in spazi femministi e transfemministi, come Lucha y Siesta. Non è un caso che spazi così siano sottoposti a continui e feroci attacchi. A novembre la Regione Lazio ci ha comunicato che vuole procedere con lo svuotamento di Lucha. Secondo loro non possiamo più accogliere le donne e le persone trans che scelgono di uscire da situazioni di violenza. L’obiettivo della Regione, come più in generale quello di questo governo, è cristallino: eliminare le esperienze e i saperi femministi e transfemministi. Ci attaccano perché mettiamo paura. Perché lavoriamo e lottiamo per il rovesciamento del sistema patriarcale, cioè mettiamo in discussione lo stesso potere che li tiene lì dove sono, nel caldo dei loro privilegi. Non serve dirlo, ma vogliamo ripeterlo: non siamo dispost3 a rinunciare a Lucha y Siesta. Di più, continueremo a moltiplicarci. Perché sappiamo che la moltiplicazione dei luoghi di soggettivazione politica transfemminista è l’unica risposta efficace alla violenza di genere. Ma soprattutto, vogliamo dire questo: fanno bene ad avere paura di noi. Perché continueremo ad essere marea, continueremo ad essere rete antiviolenza, continueremo a partecipare ai loro miseri bandi e a dimostrare quanto sono insufficienti e miopi, continueremo a lottare per lavorare in condizioni degne e per avere fondi e reddito e case, continueremo a gridare che le associazioni neutre non possono gestire servizi antiviolenza, continueremo a difendere i diritti che abbiamo ottenuto e a spingere per ottenerne di nuovi. Saremo nei tribunali, negli ospedali, nei commissariati. Saremo sotto e dentro i loro palazzi. Continueremo a praticare conflitto con la bellezza e la forza della sorellanza. Continueremo a far esplodere i nostri desideri eccedenti, ad abitare il mondo con i nostri corpi fuori norma, a inventare le parole per dirci e a raccontare le nostre verità. Fanno bene ad avere paura di noi, perché cura, sorellanza e tenerezza sappiamo praticarle, sì, ma sono un privilegio che terremo per noi. Per loro abbiamo finito i buoni sentimenti. Siamo sopravvissute* a secoli di oppressione e siamo qui: abbiamo già vinto, arrendetevi.